Intervista al professor Emiliano Picchiorri.
Il 16 aprile ci siamo recati nello studio del professore Emiliano Picchiorri, docente di storia della lingua italiana, il quale ha gentilmente accettato di rispondere ad alcune domande sulla sua carriera, sul suo mestiere e sulle sue passioni.
Come mai lei ha scelto la carriera di professore universitario?
Allora io mi sono iscritto alla facoltà di lettere a Roma alla Sapienza con l’idea di fare lettere classiche. In quel momento non si sceglieva il percorso all’inizio, ma dopo il primo anno. Quando poi ho frequentato le lezioni di storia della lingua italiana del professor Luca Serianni, che poi è stato il mio maestro, ho deciso che avrei cambiato percorso. Inoltre in quel momento c’era molta libertà nei piani di studi: si potevano addirittura fare tre annualità dello stesso esame cosa che oggi non si può fare, quindi si poteva approfondire molto la materia. Progressivamente sono entrato in contatto con il professore in modo più stretto e ho partecipato ad un dottorato di ricerca e da quel momento il mio obiettivo è stato quello di insegnare all’università.
L’idea perciò è scaturita non immediatamente ma durante il percorso universitario.
Come è scaturita la sua passione per i dialetti ?
Inizialmente nei mie primi studi da ricercatore non mi ero occupato di dialetti, ma della lingua letteraria, poi però ho cominciato ad interessarmi ai dialetti e ho anche visto la forte risposta didattica che questo elemento dava: ogni volta che parlo di dialetti vedo nello studente accendersi qualcosa perché c’è un forte riconoscimento della parola che magari circola in famiglia. Mi è sembrato che valesse la pena insistere su questo ambito, tanto che quando sono arrivato a Chieti alla fine del 2012 non c’era l’insegnamento di dialettologia italiana e io con il tempo sono riuscito a crearlo e l’ho tenuto per alcuni anni, adesso invece lo gestisce il professor Di Giacomo che è stato un mio laureato.

Lei direbbe che il lavoro di professore universitario è un lavoro difficile o è più difficile il percorso per arrivare a svolgere questa professione?
Soprattutto il percorso. Non è facile anche per un fatto numerico perché sono tante le persone che si laureano e che provano a svolgere un dottorato ma i posti disponibili sono uno due o tre, quindi è oggettivamente difficile. In una situazione come quella italiana che conosce cambiamenti legislativi è un percorso a ostacoli in cui bisogna investire molto senza sapere cosa si riuscirà a raccogliere. Questo può essere complicato perché possono non esserci le condizioni di partenza: un dottorato è un triennio pagato, però poi inizia una fase in cui non è scontato che si riesca ad avere collaborazioni pagate, quindi se non si ha un sostegno della famiglia può essere difficile.
Secondo lei bisogna per forza avere una formazione classica per fare lettere o il professore ?
No, direi di no. Naturalmente la maggior parte delle persone che si sono laureate con me provenivano da un percorso di liceo classico o scientifico, ma ho avuto studenti anche più bravi di altri liceali che provenendo da percorsi tecnici sono riusciti molto bene, soprattutto perché gran parte della mia materia è diversa dal percorso di formazione, perciò la passione è l’elemento fondamentale e si possono facilmente recuperare le nozioni che mancano.
C’è qualcosa che si può migliorare nella triennale di lettere?
Io sono il presidente del corso di lettere e anche per richieste ministeriali monitoriamo molto cosa può essere migliorato. Il corso è in ottima salute con una crescita costante di iscritti a fronte di situazioni in cui molti corsi perdono iscritti. Entrando nel merito ci sono sempre elementi di miglioramento, noi ci confrontiamo con i rappresentati. Ci sono, ad esempio, problemi di sovrapposizione degli orari che difficilmente gestiamo anche perché offriamo molti corsi diversi, perciò le sovrapposizioni ci sono, alcuni anni le gestiamo meglio, altri anni no. Un’altra cosa difficile da gestire è l’esigenza del singolo docente; inoltre c’è il fatto che alcuni colleghi hanno cambiato ateneo quindi ci siamo trovati improvvisamente senza una persona che poteva tenere quel corso. Molto spesso ciò ricade sullo studente.
Quali sono le sue altre passioni oltre la materia che insegna?
Devo scegliere quali perché ce ne sono molte. La passione per la letteratura che è legata a quello che faccio, ma anche per altri ambiti: mi piacciono molti autori di cui non mi occupo perché scrivono in altre lingue come Jorge Luis Borges che è uno dei miei autori preferiti. Anche il cinema è una mia passione, mi sono anche occupato di lingua del cinema, ma al di là dell’elemento linguistico sono un grande appassionato del cinema di Woody Allen. Poi c’è una passione per la musica. In passato ho anche suonato, ora non più però. Non musica colta come ci si potrebbe aspettare, ma musica rock in senso ampio soprattutto dagli anni ‘60 a quelli ‘80.

Un aneddoto divertente riguardante le lezioni o gli studenti ?
A volte succedono cose divertenti per errore degli studenti ma questo è un po’ un luogo comune. Una cosa che mi è successa un paio di volte, una volta in modo divertente l’altra non proprio, però in entrambi i casi mi ha fatto molto piacere, è il fatto che alcuni studenti mi hanno regalato loro disegni o quadri. In un caso è successo recentemente.
Invece una decina di anni fa c’era uno studente che era un fumettista ed era durante la frequenza delle lezioni un po’ particolare, nel senso che a volte non veniva. Durante l’esame mi ha detto:”professore io prima di iniziare l’esame le devo confessare una cosa”: durante le lezioni era successo che ad un certo punto tutti gli studenti si erano messi a ridere. Come sapete nel Polo Didattico al secondo piano le porte hanno una piccola sezione in vetro e lui durante una mia lezione aveva disegnato un pescecane e lo faceva passare nel vetro così quelli che lo vedevano ridevano. Allora io gli ho detto:”adesso alla fine dell’esame mi fa un disegno di Manzoni”. Lui mi ha disegnato Manzoni schiacciato da una pila di oggetti tra cui la Crusca Veronese e Manzoni sotto a tutto quel peso e lui mi ha spiegato che Manzoni era lui sotto al peso dell’esame.