Il cuore di un bimbo israeliano batte nel petto di un bimbo palestinese

Il trapianto della pace.

Il mondo vive in una retoria belligerante: capi di stato che decidono le sorti di milioni di persone, guerre, devastazioni, trattati da carta straccia; con morti e morti senza nome, dimenticati dalla storia. Parlare di pace sembra una presa di giro, non tutti ne hanno il coraggio, e in pochi ci credono. Ma le testimonianze ci sono.

Noi ci crediamo. Perciò, per aprire la rubrica di informazione sulla Palestina, partiamo dalla pace: una storia vera che risale al 2018, i cui protagonisti sono un bambino israeliano, uno palestinese, e un solo cuore che batte. 

Quale è la differenza fra il cuore di un bambino palestinese e il cuore di un bambino israeliano?

Nel 2018, in uno dei tanti ospedali nel mondo, nasce un bambino con un grave problema al cuore. Quasi attaccato ad un respiratore, riesce a superare il primo anno d’età. Tuttavia, arrivato ai diciotto mesi, i medici avvisano che dovrà fare un intervento al cuore, perché altrimenti non ha possibilità di sopravvivere.

Accade, proprio nello stesso periodo, che un altro bambino di diciotto mesi, in un altro ospedale, muore per complicazioni differenti. I suoi organi sono espiantabili: i medici chiamano i genitori e chiedono se sono disposti a donare gli organi per un altro bambino che sta morendo; la risposta è affermativa. 

Il giorno seguente vengono però richiamati. I medici ritirano la richiesta, a causa di una complicazione: il loro figlio è israeliano, l’altro bambino è nato a Ramahalla, in Cisgiordania, ed è un palestinese. I genitori domandano quale sia il problema, e i medici, con fare ovvio, rispondono che in quanto israeliani non daranno mai il cuore di loro figlio ad un palestinese.

Il cuore non ha nazionalità

La famiglia del bambino israeliano però non è d’accordo. Il cuore del loro figlio pulsa sangue così come quello di un bambino palestinese; fisiologicamente sono uguali, hanno lo stesso ruolo, le stesse funzioni. Dunque: il problema dove si pone?

Mussa Assaqra oggi ha sei anni, e nel suo petto batte il cuore di un bambino israeliano.

Storie come queste ci spingono ad una riflessione: chi vuole la guerra? Chi muove i fili? Sono davvero le singole persone, delle singole nazioni, o ancora i popoli, le masse, i religiosi? Chi decide chi merita di vivere e chi no? Se la politica vivesse di storie come questa – o meglio, se le ascoltasse – la guerra non esisterebbe più. 

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Author: jojo

Studentessa di Lettere Moderne, giovane e curiosa, con una passione per il giornalismo attivo. Tra i fondatori del blog. Instagram: @gginger.jojo