Dai moti di Stonewall ad oggi il pride ha perso la sua essenza, come possiamo recuperarla?
È l’una e venti del 28 giugno 1969, Stonewall Inn, una bottiglia vola nell’aria, fa qualche giro su se stessa, poi colpisce in pieno un poliziotto. La folla si riscalda, freme. Alcuni attaccano i poliziotti con un parchimetro, altri tentano di dare fuoco al locale. 2000 persone contro 400 poliziotti, armati di manganello e quella notte lo usano su molti. La folla lancia pietre, oggetti che trova per terra contro gli uomini armati, un canto si leva nell’aria “siamo le ragazze dello Stonewall, abbiamo i capelli a boccoli, non indossiamo mutande, mostriamo i peli pubici e portiamo i nostri jeans sopra le nostre ginocchia da checche!”.

Ho sempre creduto che ci saremmo ribellati, l’ho sempre saputo. Però non sapevo che sarebbe stato durante quella notte.
Sylvia Rivera
I moti di Stonewall e le loro conseguenze
Le altre due fatidiche notti di lotta che seguirono tra la comunità lgbtq+ di New York e la polizia diedero vita al movimento di liberazione gay. Tutto grazie a due donne trans: Sylvia Rivera che scagliò la prima bottiglia e Marsha P. Johnson che formò il Gay Liberation Front. I moti di Stonewall furono le conseguenze di decenni di retate della polizia e pestaggi. Dopo la formazione del GLF, altre organizzazioni cominciarono a spuntare ovunque come funghi. L’anno successivo, il 28 giugno 1970, gli attivisti di New York organizzarono la prima parata commemorativa di Stonewall, il primo gay pride a cui parteciparono tra le 5000 e le 10000 persone.
Oggi tutti conosciamo il gay pride e anche in Italia si svolge in quasi tutte le città medio-grandi, con grandissimi carri e musica e bandiere colorate… ma siamo sicuri che il pride sia questo?

Il pride è una festa… o no?
Oggi il pride è una vera e propria festa, piena di colori e allegria, ma spesso ci si dimentica la sua storia. Il pride è un vero e proprio corteo politico, una commemorazione di rivolte violente che hanno portato, dopo molto tempo, all’acquisizione dei diritti della comunità lgbtq+. Ora, guardiamo la situazione italiana: l’omofobia è sempre più presente, come abbiamo visto nella recente “figuraccia” di Papa Bergoglio, il matrimonio omosessuale è ancora illegale, le persone transessuali fanno fatica a trovare personale medico che le aiuti e la comunità non-binary è presa ancora meno sul serio. Insomma, i motivi per festeggiare sono pochi. “Sì, ma fino a qualche anno fa i gay erano più discriminati”, ma non essere uccisi per strada (cosa che purtroppo succede ancora) non è un grande motivo di festeggiamenti. Il pride si ripete ogni anno allo stesso modo: un corteo con musica e, nelle città più grandi, carri si muove per le strade, finché non si arriva in una piazza o un luogo d’incontro dove o si balla o c’è una qualche breve proclamazione politica che non viene ascoltata da nessuno. Per di più la maggior parte delle persone che vanno al pride ignorano completamente la storia dei movimenti di liberazione gay e lo prendono come una mera scusa per festeggiare e ballare.
Per quanto l’allegria non abbia prezzo, è anche vero che il pride ha perso di vista le proprie origini, la lotta politica e violenta che vi era alla base. Pensiamo che siccome le cose vanno meglio, che siccome in superficie la comunità lgbtq+ è accetta e rispettata, allora non c’è nulla di cui preoccuparsi e il pride si trasforma da strumento a festa.
Contro il pride
Al pride si balla e si beve, ci si bacia, ci si abbraccia…anche quando le associazioni provano a incitare nel continuare la battaglia politica per i diritti lgbtq+. A Roma si invitano celebrità che fanno concerti, ci sono carri che distribuiscono birra e fanno risuonare la musica techno per le strade; a Chieti e Pescara si fa una breve parata che si conclude con una sessione di ballo. È una grande discoteca all’aperto piena di allegria e anche spensieratezza, una spensieratezza che non dovrebbe essere presente. Secondo il rapporto arcobaleno di Ilga Europe – https://rainbowmap.ilga-europe.org/countries/italy/ – l’Italia si colloca al 34° posto tra i 49 stati Europei e dell’Asia Centrale per i diritti lgbtq+ e siamo allo 0% per quanto riguarda la tutela delle persone intersessuali e la tutela dei crimini d’odio. La situazione non è delle migliori. Qual è la risposta della comunità lgbtq+? Un Pride in cui si festeggia la propria autoaffermazione, il che è ovviamente importante, ma chiaramente secondario alla lotta per i diritti che in Italia faticano ad essere anche solo considerati. Il pride non deve essere solo una festa, deve essere un vero e proprio corteo politico, una ribellione.
Non è possibile reclamare per i propri diritti con musica e concerti, il pride è ed è sempre stato un movimento di liberazione politico, anche se negli ultimi anni assomiglia molto al carnevale. Il nostro paese e il nostro governo diffondono locandine transfobiche per le europee e cosa si è fatto a riguardo? Nulla. Giusto qualche parola di indignazione sui social o in chat private. Per quanto le loro campagne siano discriminatorie e vergognose, se il pride continua ad essere ciò che rappresenta, verranno votati e l’Italia continuerà a discendere nelle classifiche e, piano piano le discriminazioni aumenteranno e con esse la riduzione dei diritti. Indubbiamente il nostro governo, per quanto provi a dichiararsi vicino alla comunità lgbtq+ non lo è per niente, ma la cosa viene ignorata in favore di birre e musica degli anni 2000, ci accontentiamo del fatto che qualche brand cambi il suo logo in arcobaleno per celebrare. Dall’esterno, il pride è deriso, non viene preso sul serio, neanche da chi ci partecipa, questo perché in fondo serio non lo è. Al pride spesso non si parla dei problemi dell’Italia e della liberazione, si parla di Paola e Chiara, di quanto ci si diverta, di birre e cocktail, ma poi sono ben pochi quelli che si preoccupano di diritti.
Massì, dai, però pensiamo a festeggiare, tanto chi se ne frega, è un problema per il futuro. Questo ci diciamo, ogni anno. Prima o poi, le conseguenze cominceranno a vedersi e allora forse non ci sarà più tempo per agire.

Ritorno all’origine
Il quadro finora dipinto è piuttosto pessimistico e cinico, ma la soluzione c’è. Siamo a giugno, il mese del Pride, un mese in cui si celebra la comunità lgbtq+ e la lotta svolta per la sua liberazione. In Italia, c’è ancora molto per cui combattere e il Pride è lo strumento perfetto.
Quest’anno il pride deve ritornare più che mai alle sue origini, a quei moti di Stonewall. Prendiamo esempio dalle proteste per la Palestina che si svolgono quasi ogni settimana per le strade delle nostre città.
Ricordate mentre festeggiate durante tutto questo mese di come siete stati liberati
Sylvia Rivera
Quest’anno siamo retrocessi nella classifica Ilga e il Papa ha ribadito il suo pensiero sugli omosessuali, Salvini fa vignette con l’IA con un uomo transessuale in attesa da un a parte e la famiglia tradizionale dall’altra, facendoci chiaramente capire da che parte sta il governo. L’omofobia dilaga.
Il Pride non può più essere solamente una festa, le dichiarazioni politiche non possono più essere ignorate, bisogna agire, richiedere i diritti che devono essere garantiti alla comunità lgbtq+. Il nostro paese ancora non permette adozioni e matrimoni omosessuali e noi balliamo per strada.
Bisognerebbe scendere in piazza, puntare i piedi per terra e protestare affinché il governo rispetti i diritti di tutti, nessuno escluso.
In questo mese del pride è fondamentale ricordare chi ha spianato la strada per l’avanzamento della liberazione omosessuale ed è necessario unirsi e onorare la loro memoria, la loro storia e combattere.
Festeggiare è un lusso che non possiamo prenderci.