Esplorando il genio creativo dietro la magica storia di Cagliostro

Il primo capolavoro di Miyazaki ha la trama più matura e complessa di tutta la sua filmografia.
Il castello di Cagliostro è il film migliore e più appropriato per iniziare con Miyazaki. Lupin III ritorna ancora una volta dalla serie animata, e seppur la corsa potrebbe non essere straordinaria ed elegante come la serie originale, ogni fotogramma vale sicuramente l’intero credito.
“Lupin the Third: The Castle of Cagliostro” è un curioso esercizio di genere. Presenta l’iconica mescolanza del fantastico e del banale che si è soliti associare a Miyazaki: si svolge in un castello con regalità, sotterranei e passaggi segreti, ma è anche un film moderno di rapina con poliziotti, rapinatori, inseguimenti in auto e sparatorie.
È una fiaba animata giapponese combinata con un crimine europeo non così grintoso, come se Miyazaki avesse fatto un episodio di Scooby Doo mescolato con una puntata del franchise di James Bond.
La scrittura è intelligente e sdolcinata, l’animazione è gioiosamente stilizzata e tuttavia tangibile, e i ritmi di suspense sono al calibro di Hitchcock. Inoltre, è violento? Assolutamente sì, e questo non può essere altro che un punto a favore.
Tematiche e personaggi che rendono questo film un classico intramontabile

Sepolto sotto il Castello di Cagliostro c’è una prigione disseminata di secoli di cadaveri in decomposizione, immagini piuttosto cupe per Miyazaki ma una meravigliosa metafora per alcune delle sue preoccupazioni tematiche più profonde. Il suo lavoro è associato al modo in cui individua le lotte più oscure dell’umanità e le piazza sullo sfondo, mettendo in primo piano l’azione centrale, che si tratti della malattia di una madre in “My Neighbor Totoro” o di una guerra tra regni nel castello di Howl; qui quel trauma atmosferico prende la forma delle morti dimenticate su cui poggia il Duca di Cagliostro.
Cagliostro ha costruito un impero sulla ricchezza generata dalla sua valuta contraffatta, e ora ha il potere di governare il mondo sulla base di quel denaro falso. È il burattinaio che tira le fila di tutto, dall’economia globale alle forze dell’ordine locali, e questa struttura di potere si è calcificata al punto in cui la polizia non può più interferire per fare la cosa giusta. L’ispettore Zenigata deve lavorare al di fuori dei limiti della sua competenza legale, e ci vuole il vigilantismo etico di Lupin per salvare la situazione. “Il male si distrugge”, dice, ma è più come se si assorbisse un tipo di male per combatterne un altro.
Questa è la stessa lezione che impariamo dal western: la società è costruita sulla violenza repressa, e per esporre la corruzione c’è bisogno di un estraneo. Può giocare il ruolo dell’eroe, ma deve rimanere un estraneo, non può vivere nella società, la sua violenza non ha posto nella pace stabilizzante. Quindi, naturalmente, anche Lupin e i suoi amici guidano verso il tramonto, con addosso nient’altro che una coscienza pulita e una scia di poliziotti pronti ad inseguirli.